lunedì 18 marzo 2013

Discussione I incontro del 4 marzo

Cives prima della cittadinanza: percezioni di identità collettive urbane tra IX e XI secolo nell’Italia centro-settentrionale
Prof. Chris Wickham (University of Oxford): L’XI secolo Lombardo
Prof. Mario Ascheri (Università “Roma Tre”): Privilegi per le città nella crisi post-Carolingia


Massimo Vallerani: pone l’accento sul fatto che l’appartenenza ai centri urbani - ma più in generale ai “luoghi” - nei secoli che discutono Chris Wickham e Mario Ascheri, non avviene attraverso un formale diritto di entrata, ma tramite la ripetizione di atti reiterati, consuetudinari. La città nasce all’insegna del pragmatismo, un tratto caratterizzante, quello pragmatico, che tende a conservare poi per tutta la sua storia.  Sui soggetti che compongono la popolazione urbana precomunale, l’aspetto di maggiore interesse è rappresentato dal fatto che essi non siano riducibili a un’aristocrazia (benché l’aristocrazia sia una componente onnipresente), ma che esista piuttosto da subito un “populus”, difficilmente definibile ma diffusamente attestato, che costituisce un’entità altra rispetto al gruppo aristocratico urbano. La coesistenza di soggetti d’estrazione variabile è dunque un tratto che precede il Comune, e che è proprio dei contesti urbani italiani già intorno all’anno Mille. La pluralità di soggetti che, per condizione e capacità di influenza sociale, compongono la società urbana precomunale incoraggia già in questa fase la promozione di legami orizzontali, ed è proprio questa orizzontalità a sollevare la questione dell’appartenenza, non più né solo riducibile a rapporti gerarchici di sottomissioni.
Chris Wickham:  l’idea di cittadinanza è tarda perché compare contestualmente al Comune formalizzato. Il concetto stesso di cittadinanza dipende dallo sviluppo di quello di “pubblico”. Ma i comuni restano a lungo una realtà informale e per capire cosa sia possibile cogliere in questa fase antecedente si può prendere spunto da un caso verificatosi a Bologna, dove a metà del XII sec. viene bandito un omicida. Per indicare ciò da cui il bandito si deve allontanare ricorre il termine “concives”, vale a dire la popolazione di Bologna, che può essere intercambiabilmente definita attraverso le espressioni “cives” o “habitatores” - analogamente a ciò che avviene contemporaneamente a Genova o a Pisa -  rivelando un uso non coerente né pregnante del termine “civis”. Ci muoviamo quindi in un territorio incerto, in cui non esiste una definizione netta della parola “cives”, al significato della quale ci si può accostare al più attraverso tentativi di contestualizzazione. I documenti ne suggeriscono tre: “cives” e nobili/”cives” e popolo/”cives” e contado.
A Milano nel 1044 si parla di “cives” che si oppongono all’arcivescovo: chi sono? I “milites” rivendicano un’appartenenza ai “cives”, ma i “cives” non sono necessariamente “milites”. La popolazione milanese forma nel suo insieme la categoria dei “cives”, ma allo stesso tempo il termine tende a indicare la leadership aristocratica della città. L’elite milanese è composta da famiglie aristocratiche la cui fisionomia differisce però da quella dei signori rurali: all’interno della città, invece, l’aristocrazia non è così diversa dal resto dei “cives”, se prendiamo in considerazione il censo; la sua statura economica non colpisce per esempio un occhio esterno come quello di Ottone di Frisingia. I “cives-milites” milanesi sono la guida militare e politica della città, “cives” indica a Milano sostanzialmente la “militia”, la cui preminenza economica è però relativa rispetto al resto di almeno parte della popolazione urbana.
A Pisa, due documenti classici come il Lodo delle Torri e quello della Valdiserchio sembrano valere per tutti gli abitanti della città: anche qui non sappiamo cosa significa “cives”, ma l’impressione è che il termine includa maggiormente il “populus” rispetto a Milano. Quel che è certo è che non comprende mai la popolazione del contado: l’opposizione “cives”/”villani” in questo senso è definita e coerente. A Roma, da un lato sembra che nell’XI sec. “cives” qualifichi un ceto ristretto e ultra-dirigente, dall’altra può essere utilizzato per indicare la popolazione romana nel suo complesso: “cives” sembra rimandare a tutta la città, ma non veramente.
Mario Ascheri: Fluidità delle realtà urbane precomunali: pluralità di soggetti che si identificano sì in “milites” e vescovo, ma che includono anche un “populus”. La competizione, intesa in senso sia orizzontale che verticale, è già propria di questi contesti informali, in cui esiste sia una concorrenza tra soggetti che si pongono sullo stesso piano, sia un problema di rapporti con poteri superiori.
I privilegi di epoca post-carolingia destinati alle città costituiscono un fronte documentario importante per comprendere una prima trasformazione della popolazione urbana da sudditi del Regno di Italia a collettività cittadine con una identità propria. Per capire questo cambiamento, è fondamentale valorizzare il contenuto dei suddetti privilegi che trasferiscono in molti casi alle città diritti pubblici. Gli abitanti delle città dell’Italia settentrionale acquisiscono una seconda identità che, per quanto informale, comincia ad essere percepita parallelamente, e non in sostituzione, di quella di sudditi del “Regnum”.  
Preesiste quindi al Comune una condivisione di diritti propri degli abitanti di singole città e solo di quelle, di cui la popolazione urbana ha coscienza e che allo stesso tempo la caratterizza nei rapporti con l’esterno e con i poteri concorrenti. In questa prospettiva va intesa l’emersione di consuetudini locali, come espressione scritta di diritti strappati e concessi nella contrattazione con poteri superiori: e la natura scritta ha il fondamentale valore di prova di diritti conquistati da far valere e di cui ottenere il riconoscimento in futuro.

Punti di maggiore interesse emersi dalla discussione di entrambi gli interventi:
Benché sia stato posto l’accento più volte sulla a-tecnicità, incoerenza e casualità con cui il termine “cives” ricorre nelle fonti antecedenti al XII secolo, va tuttavia valorizzata, secondo Giuliano Milani, l’intenzione da parte di chi lo usa di rappresentare in modo informale una collettività e degli interessi complessivi: non importa se ciò sia effettivo o strumentale all’accrescimento di influenza di gruppi ristretti; ciò che importa è il desiderio di presentarsi o essere presentati sulla scena politica urbana non più come soggetti investiti di un potere dall’alto, ma come portavoce di interessi di tutti.
Nella pur indefinitezza e variabilità con cui il termine “cives” si presenta nelle tante fonti analizzate negli interventi di Wickham ed Ascheri, vi è un senso tendenzialmente ricorrente con cui il termine “cives” può essere inteso, quello, secondo Massimo Vallerani, di soggetti agenti politicamente: “civis” è chi fa qualcosa, chi mette in atto delle azioni che hanno una rilevanza politica sullo scenario urbano.
Secondo Jean-Claude Maire Vigueur il significato di cittadinanza/appartenenza non si esaurisce in un esame lessicografico; cittadinanza è un concetto a geometria variabile nei secoli precomunali, che cambia significato a seconda dei contesti e delle antinomie attraverso cui lo definiamo. Non condivide la sfumatura di rappresentanza che tende ad attribuirgli Milani, e insieme a Sandro Carocci richiamano l’importanza del contesto documentario e della natura del documento, nell’esame del quale è fondamentale, a parte il contenuto, prendere maggiormente in considerazione chi siano gli autori e i destinatari degli atti.
Secondo Sara Menzinger, pur nella vaghezza con cui il termine “cives” ricorre nelle fonti analizzate soprattutto da Mario Ascheri, tendiamo ad associarlo costantemente alla sfera semantica di diritti, vantaggi, interessi condivisi. Il contenuto fiscale di tante transazioni contenute nei documenti illustrati in questa seduta spinge a chiedersi fino a che punto tale significato sia trasmesso dalla documentazione, e quanto vi sia invece, da parte di noi studiosi contemporanei, una proiezione automatica della cittadinanza nella sfera dei privilegi, anziché dei doveri. “Civis” è un termine cui sembra spesso ricorrersi, nel contesto precomunale, per richiamare doveri di pagamenti, oltre che possibili vantaggi collettivi.

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